lunedì 28 gennaio 2013

sentenza del 349/2013: il consumatore ha diritto a conoscere le segnalazioni negative fatte dalla finanziaria Corte di cassazione

Secondo una sentenza 9 gennaio 2013 n. 349 il consumatore ha diritto a conoscere le segnalazioni negative fatte dalla finanziaria Corte di cassazione  ‐ Sezione I civile.

La Corte di Cassazione nella sentenza del 349/2013 ha riconosciuto il diritto a chi ha stipulato un contratto finalizzato all'accesso al credito, di conoscere se esistono "segnalazione negative" relativamente al suo merito creditizio.
Spesso queste segnalazioni negative sono fatte anche all'insaputa del richiedente, quindi consigliamo di prestare attenzione alle richieste che si fanno tramite operatori o anche tramite portali internet.

In ogni caso il consumatore avrà diritto a richiedere ed avere soddisfazione delle motivazioni e del contenuto integrale delle informazioni contenute nelle banche dati creditizie entro 15 giorni

giovedì 17 gennaio 2013

Mutuo a tassi da usura: si calcolano anche gli interessi moratori


Se la banca prevede, nel caso il cittadino sia in ritardo nel pagamento della rata del mutuo, l’applicazione di ulteriori interessi (i cosiddetti interessi di mora), questi ultimi devono essere sommati agli altri interessi e, se la somma supera la soglia dell’usura, il mutuo può essere annullato dal giudice.

Secondo infatti una recente sentenza della Cassazione [1], per determinare se un tasso è usurario o meno, bisogna considerare (e sommare) tutti gli interessi richiesti dalla banca, a qualunque titolo convenuti: quindi anche quelli che scattano nel caso di mora [2].

Infatti, si intendono usurari gli interessi che superano il limite stabilito dalla legge nel momento in cui sono concordati tra le parti (con la sottoscrizione del contratto di mutuo), e dunque anche a titolo di interessi moratori.

(FONTE: www.laleggepertutti.it)

CONTO CORRENTE: PER RECUPERARE INTERESSI ULTRALEGALI E COMMISSIONI DI MASSIMO SCOPERTO IL CORRENTISTA DEVE DIMOSTRARE IL PAGAMENTO


Il correntista, che voglia ottenere dalla banca la restituzione degli importi illegittimamente versati a titolo di commissioni di massimo scoperto e di interessi non dovuti, nell’ambito di un contratto di apertura di credito, deve dimostrare al giudice di aver effettivamente pagato tali somme.

Lo ha appena affermato la Cassazione, in una sentenza pubblicata ieri [1]. La Corte ha bocciato il ricorso di un correntista che, dopo aver lamentato l’applicazione in proprio danno di interessi e commissioni fuorilegge, ne chiedeva la restituzione all’Istituto di credito.

Per ottenere indietro quanto illegittimamente versato alla banca – sostiene la Suprema Corte – non è sufficiente dimostrare l’esistenza, in contratto, di una clausola che dispone tassi ultralegali e commissioni di massimo scoperto. Non è neanche sufficiente dimostrare la semplice annotazione in conto corrente di una posta passiva. In entrambi i casi, infatti, il correntista può – al massimo – far dichiarare nullo il titolo vantato dall’Istituto su cui è fondato l’addebito non dovuto, ma non puòchiedere la restituzione di un pagamento che, materialmente, non ha mai avuto luogo.

Al contrario, per poter ottenere indietro le somme è necessario:
- che si sia chiuso il rapporto di apertura di credito in conto corrente
- che la banca abbia preteso dal correntista la restituzione del saldo finale, comprendente gli interessi non dovuti
- e che il correntista abbia materialmente versato tale somma.

Mentre pende il rapporto di apertura di credito, infatti, non avviene alcun pagamento: operano solo partite contabili virtuali e il correntista, al massimo, si limita a sfruttare (eventualmente sconfidando) il credito concessogli dalla banca. Invece, con la chiusura dell’affidamento, il cliente viene obbligato a versare materialmente gli importi e quindi a pagare somme non dovute; ed è solo allora che egli può richiedere la restituzione dei tassi ultralegali e delle commissioni di massimo scoperto non pattuiti in modo valido.

In pratica
Per riavere quanto non dovuto, il correntista deve dimostrare di aver effettivamente pagato. Non basta l’illegittimità della clausola che dispone tassi ultralegali e commissone di massimo scoperto non pattuiti in modo valido. Pertanto, per la restituzione di tali somme, è necessario che, alla chiusura del conto, la banca abbia preteso la restituzione del saldo finale nel cui computo risultano compresi gli interessi non dovuti.

[1] Cass. sent. n. n. 798/12 del 15.01.2013.


lunedì 14 gennaio 2013

ATTENZIONE A MAIL TRUFFA PER RUBARE DATI BANCARI - phishing


Ci tentano in tutte le salse quindi fate sempre attenzione a richieste sospette in cui vi chiedono di verificare i dati del conto.
L'intento è quello di catturare con siti civetta i vostri codici di accesso bancari di modo da usarli per prelievi o raggiri.

La mail  è di questo tipo:


Gentile xxxxx,
Abbiamo  trovato una attivitá sospette sul tuo conto il 12 gennaio.  É necessario confermare l'attivitá del tuo conto prima di poter continuare a utilizzare il tuo conto. Dopo la verifica, provvederemo a rimuovere eventuali restrizioni sul tuo conto.
É necessario accedere al link qui sotto :

http://www.intesasanpaolo.com/scriptIbve/retail20/RetailIntesaSanpaolo/ita/home/ita_home.jsp?
Questa e una misura di sicurezza per contribuire progettata a proteggere voi ed il vostro conto.
Chiediamo scusa per eventuali inconvenienti.





Fate attenzione

Non rispondete e segnalate quanto ricevete di sospetto

mercoledì 2 gennaio 2013

RECUPERO CREDITI E RISTRUTTURAZIONE DEBITI: ANTITRUST SANZIONA 4 IMPRESE PER PRATICHE COMMERCIALI SCORRETTE - COMUNICATO STAMPA DEL 27 - 12 - 2012 DI AGCM

Eurorec e Eurocredit inviavano atti di citazione presso sedi di Giudici di Pace incompetenti per intimorire i consumatori. La società Agenzia Debiti insieme alla B&P prometteva invece un’ipotetica ristrutturazione del debito a costi irrisori, incassando 390 euro solo per l’invio di moduli.

Consumatori bersagliati da atti di citazione per crediti presumibilmente prescritti o invogliati a risolvere le loro difficoltà finanziarie con una ipotetica ristrutturazione del debito, a fronte del pagamento di 390 euro che risultava in realtà solo un primo esborso per l’invio di moduli da riempire. Sono i fenomeni sui quali è intervenuto l’Antitrust sanzionando 4 società per pratiche commerciali scorrette, con multe per complessivi 350mila euro.


RECUPERO CREDITI AGGRESSIVO

L’Autorità ha chiuso 2 istruttorie nei confronti di altrettante società (EUROREC (Agenzia Nazionale Cartolarizzazioni e Recupero Crediti Srl) e l’impresa individuale EUROCREDIT, sanzionandole con 100mila euro di multa ciascuna.

Secondo quanto ricostruito dall’Antitrust, alla luce di diverse segnalazioni inviate da alcune associazioni di consumatori, le due imprese inoltravano a diversi consumatori, per il tramite di studi legali, atti di citazione presso sedi di Giudici di Pace territorialmente incompetenti, al solo fine di intimorirli e spingerli al pagamento di crediti, presumibilmente prescritti o di dubbia esigibilità, acquisiti da una compagnia telefonica fallita. Dalle segnalazioni ricevute risulta, infatti, che le due società tentavano di recuperare crediti relativi a fatture già pagate o a fatture non pagate per la mancata attivazione dei servizi telefonici oppure relativi a consumatori che hanno dichiarato di non essere mai stati clienti della società telefonica. Si trattava, inoltre, di crediti presumibilmente prescritti e agli atti di citazione inviati ai consumatori, tra l’altro, non seguiva alcuna iscrizione della causa a ruolo.

Le condotte delle due aziende sono state ritenute pratiche commerciali aggressive, in quanto in grado di condizionare indebitamente i consumatori: attraverso la loro attività le imprese hanno ingenerato nei destinatari degli atti di citazione il convincimento che, a prescindere dalla fondatezza della richiesta, fosse preferibile provvedere rapidamente al pagamento dell’importo contestato piuttosto che esporsi ad un contenzioso giudiziario in realtà inesistente.

PROMESSE INGANNEVOLI PER LA RISTRUTTURAZIONE DEI DEBITI

“Ridurre l’esposizione debitoria fino al 70%, incluse le richieste del Fisco”. Era la promessa con la quale si presentava ai consumatori in difficoltà finanziarie, tramite pubblicità su internet, organi di stampa e sms, l’Agenzia Debiti SpA insieme alla società B&P srl (società di gestione del call center incaricato di contattare gli utenti) entrambe in regime fallimentare.

In realtà, a differenza di quanto promesso nei messaggi pubblicitari, dopo il primo contatto con il call center (il cui numero era pubblicizzato nel messaggio stesso), i consumatori si vedevano recapitare al proprio domicilio un pacco, da pagare mediante versamento in contrassegno di 390 euro, che conteneva semplicemente la modulistica per conferire eventuali incarichi ad effettuare le visure riguardanti la propria esposizione debitoria. In sostanza, la società agganciava gli utenti per indurli a contattare un call center che acquisiva dati anagrafici e precisazioni sull’esposizione debitoria verso privati, banche o finanziarie e fisco, per poi inviare il pacco e incassare all’istante il denaro.

Dagli accertamenti istruttori compiuti dall’Antitrust, anche alla luce delle segnalazioni inviate dalle associazioni dei consumatori, è emerso inoltre che l’Agenzia Debiti non era in possesso di licenza per l'esercizio di un'agenzia d'affari né aveva presentato una SCIA (Segnalazione Certificata di Inizio Attività): non era in sostanza un’agenzia in regola come invece si accreditava.

Una volta pagata la modulistica, inoltre, al consumatore che decideva di avvalersi dei servizi offerti, veniva proposto di ‘pilotare’ la propria posizione debitoria ‘gonfiandola’ in modo di indurre il creditore a cedere il credito con una sua riduzione: a prescindere dalla liceità della pratica, non veniva prospettato in alcun modo il rischio che, a fronte di una tattica del genere, il creditore decidesse di chiedere il fallimento o comunque di rifarsi sul patrimonio del debitore. La consulenza doveva ovviamente essere pagata, anche con cifre onerose, e non in comode rate, come pubblicizzava la società, ma con assegni postdatati o con cambiali.

Infine, per quanto riguarda i debiti contratti con Equitalia e il Fisco, si prospettava come soluzione in grado di “risolvere ogni problema di debiti” la semplice “opposizione alle richieste di Equitalia e Fisco per diminuire, sospendere e rateizzare le cartelle esattoriali”: obiettivo impossibile visto che per i debiti esistenti con le pubbliche amministrazioni, e con il fisco in particolare, gli spazi di negoziazione e rateizzazione sono strettamente limitati e circoscritti da specifiche norme di legge.

Per le pratiche commerciali messe in atto, Agenzia Debiti è stata sanzionata con una multa di 100mila euro mentre B&p con una multa di 50mila euro, ridotte, ferma restando la gravita' della pratica scorretta, per la situazione di fallimento di tali societa'.

Roma, 27 dicembre 2012

TASSA DI CONCESSIONE GOVERNATIVA:INTERVIENE LA CASSAZIONE


È legittima: la Corte di Cassazione entra definitivamente nel merito della tanto discussa tassa di concessione governativa sull’uso dei telefonini.

 Secondo la Suprema Corte, l’attività di fornitura di servizi di telecomunicazione resta assoggettata alle autorizzazioni da parte della pubblica amministrazione [2]. Tale permanente regime autorizzatorio, pur contrassegnato da maggiori spazi di libertà rispetto al passato, giustifica il mantenimento della tassa di concessione governativa

Questa sentenza peserà parecchio sulla class action avviate nei giorni scorsi dalle associazioni consumatori.


Cass. sent. n. 23052 del 14.12.2012.



Articolo del 27-12-2012 di www.laleggepertutti.it