giovedì 27 dicembre 2012

ATTENZIONE ALLE TRUFFE: NON RITIRATE BUSTE CON VERIFICHE CATASTO E NON PAGATE


associazione di consumatori roma

Nelle ultime settimane diversi consumatori hanno segnalato ad A.E.C.I. ROMA SUD di aver ricevuto una busta con logo della Repubblica Italiana per il tramite di uno Studio Notarile di Milano – inesistente –  con timbro blu riportante la menzione: obbligo adeguamento nuovi valori catastali d.l. 22/12/2011 n. 214.

La busta è consegnata tramite corriere (SDA o TNT) con pagamento in contrassegno di € 28,50 quali spese di notifica e consegna.

ALL’INTERNO DELLA BUSTA NON C’E’ NULLA DI TUTTO CIO’ !

Nessuna rilevazione catastale o adeguamento dei valori !!! Molti sono stati vittime di tale “truffa” in tutta Italia e…il plico continua ad arrivare a destinazione…soprattutto di pensionati.

Dopo le segnalazioni di diversi cittadini, invitiamo a NON RITIRARE la busta e a NON PAGARE la cifra richiesta. 

Purtroppo, è molto difficile per chi ha pagato, recuperare i soldi versati senza una giusta causa.

COSA FARE?
- Non ritirare nessuna busta né pagare le somme richieste;
- Sporgere denuncia presso le forze dell’ordine;
- inviare una segnalazione chiamando il nostro sportello AECI con sede a Nogara al numero 0442/510360 fax 0442 1785141 mail verona2@euroconsumatori.eu.

giovedì 13 dicembre 2012

POLIZZE DORMIENTI: RIPORTATA A 10 ANNI LA PRESCRIZIONE


associazione di consumatori roma

Cosa cambia con il Secondo Decreto Sviluppo (D.L. n. 179/2012)

Finalmente la battaglia di A.E.C.I. condivisa anche da altre associazioni di consumatori ha portato delle importanti novità in materia di polizze dormienti: il Consiglio dei Ministri, con il secondo Decreto Sviluppo(D.L. n. 179/2012) ha difatti riportato da 2 a 10 anni il termine diprescrizione delle polizze vita “dormienti”.

Il suddetto termine era stato ridotto a 2 anni con la Legge n.166/2008 ma, a detta dello stesso Governo in un recente comunicato, si è rilevato del tutto insufficiente al fine di garantire la possibilità di riscatto della polizza, soprattutto in caso di morte dell’intestatario.

Il decreto stabilisce che “al fine di superare possibili disparità di trattamento tra i consumatori nel settore delle polizze vita, il co.2 dell’art. 2952 c.c. è così sostituito: gli altri diritti derivanti dal contratto di assicurazione e dal contratto di riassicurazione si prescrivono il dieci anni dal giorno in cui si è verificato il fatto su cui il diritto si fonda”. 

Il ritorno del termine di prescrizione a 10 anni dovrebbe dare maggiore tranquillità a tutti coloro che fino ad ora avevano visto sfumare la possibilità di riscatto della propria polizza vita.

Intanto si rimane in attesa di conoscere le istruzioni per la richiesta di eventuale rimborso delle polizze cadute in prescrizione per effetto della normativa precedente. 

In breve, riassumendo dal Decreto Legge n. 179 del 18/10/2012
 Il Governo Monti all'interno del Decreto Legge, modificando l'articolo 2952 c.c.,  ha stabilito  che il termine per la prescrizione dei diritti derivanti dai contratti di assicurazione, e perciò anche delle polizze vita, passa da 2 a 10 anni.
 
Il provvedimento è entrato in vigore il 20/10/2012 e dunque:
- tutto ciò che si è prescritto entro il 19/10/2012 rimane prescritto nel termine di 2 anni;
- mentre tutto ciò che si sarebbe dovuto prescrivere dal 20/10/2012 si prescrive in 10 anni.
 
Pertanto le polizze per le quali i diritti maturati (data scadenza, data sinistro)  o l'ultima richiesta di liquidazione giunta alla compagnia assicurativa sono datati:
- fino al 19/10/2010 si prescrivono in 2 anni 
- a partire dal 20/10/2010 si prescrivono in 10 anni 


A.E.C.I.  Verona 2 ha istituito uno sportello dedicato ai conti dormienti e i nostri consulenti esperti sono a disposizione di chi è vittima di questa situazione.
Gli interessati possono scrivere a verona2@euroconsumatori.eu, telefonare allo 0442 510360 oppure inviare un fax al numero 0442 1785141.

venerdì 7 dicembre 2012

COMPENSAZIONE CON ALTRE IMPOSTE


I contribuenti tenuti al versamento dell’IMU possono compensare il dovuto con i crediti spettanti nei confronti di diversi enti impositori come Stato, Regioni, Comuni, Inail, Enpals. Tali crediti fiscali ovviamente devono essere indicati nelle dichiarazioni annuali già presentate.
Possono essere compensati pertanto, l’IRPEF, IVA, ma anche i crediti previdenziali e quelli spettanti al contribuente per nuove assunzioni, investimenti o altro.
I residui relativi al 2011 per Iva, Irap, Irpef o mod. 770 possono essere usati in compensazione con il modello F24 o la dichiarazione a partire dal 1°gennaio dell’anno successivo a quello in cui il credito è maturato.
Ovviamente, la compensazione dovrà essere evidenziata in un unico modello F24, trasmesso e presentato anche se a saldo zero.
Sono interessati sia i contribuenti che presentano la dichiarazione annuale Iva in via autonoma, sia quelli che utilizzano il modello Unico.
Dal 1°gennaio 2011, la compensazione dei crediti relativi alle imposte erariali è vietata fino a concorrenza dell’importo dei debiti, di ammontare superiore a 1.500 euro iscritti a ruolo e per i quali è scaduto il termine di pagamento.
Servizio offerto da METAPING
Articolo di Salvina Morina e Tonino Morina – II Sole 24 Ore – 07.12.2012, pag. 28

“Cattivi pagatori”: cos’è la CAI e come funziona il protesto

 

La Centrale d’Allarme Interbancaria è l’archivio informatico che raccoglie i dati di assegni non pagati o delle carte di credito irregolari cioè utilizzate in maniera non regolare oppure oggetto di furto o smarrimento.

La CAI viene implementata e consultata da Banche, Uffici Postali e finanziarie.

In tale archivio sono raccolte:
- Le generalità (dati anagrafici, codice fiscale, domicilio) dei soggetti che emettono assegni non coperti da fondi o privi di autorizzazione (perché, ad esempio, la firma è falsa);
- Gli estremi identificativi (coordinate, numero di assegno, importo) degli assegni emessi privi di provvista e/o senza autorizzazione;
- La generalità dei soggetti a cui è stata revocata l’autorizzazione all’emissione di carte di credito o di debito (bancomat) perché, ad esempio, hanno utilizzato importi che superano il fido concesso;
- I dati delle carte di pagamento (emittente, numero, scadenza) che non sono utilizzate poiché revocate nell’utilizzo;
- Le eventuali sanzioni amministrative applicate in caso di emissione di assegni senza autorizzazione e/o fondi a copertura;
- I dati degli assegni e delle carte di credito potenzialmente a rischio poiché oggetto di un furto o di uno smarrimento.

Protesto: procedimento
Nel caso di un assegno privo di fondi, viene normalmente attiva la procedura di protesto [1]. Il debitore che ha emesso l’assegno viene avvisato dell’inizio di tale procedura con una raccomandata con ricevuta di ritorno o con un telegramma entro 10 giorni dalla presentazione all’incasso dell’assegno. Dopo questo avviso, il soggetto ha un cosiddetto “periodo di preavviso” di 60 giorni per poter pagare senza essere iscritto al CAI (tale beneficio del termine viene concesso solo qualora il soggetto non sia già stato protestato).

Se l’assegno protestato viene pagato regolarmente, occorre dimostrare il pagamento all’ufficiale giudiziale che ha elevato il protesto entro i 60 giorni successivi per evitare di incorrere in sanzioni amministrative [2].

Qualora il debitore invece non paghi entro i 60 giorni, sarà inserito nel CAI e vi rimane iscritto per 6 mesi, anche se successivamente dovesse provvedere a pagare l’assegno regolarmente.

In tal caso, il soggetto viene segnalato al Prefetto di competenza che notifica al debitore protestato il procedimento amministrativo in corso, entro 90 giorni dalla segnalazione, e gli concede 30 giorni per porre delle osservazioni a sua difesa. Eventualmente, al termine del procedimento, il Prefetto irroga una sanzione economica. Tale sanzione varia in proporzione all’importo dell’assegno. Insieme ad essa viene emesso il divieto di emettere assegni per un periodo variabile da 2 a 5 anni.

Entro e non oltre i 5 anni successivi [3], viene emessa l’ingiunzione di pagamento (con cui viene chiesto il pagamento della sanzione). Contro l’ingiunzione si può fare opposizione entro 30 giorni dalla sua notifica. In caso di mancato accoglimento dell’opposizione, entro i successivi 5 anni verrà notificata una cartella esattoriale, a meno che non si sia già spontaneamente provveduto a pagare la sanzione.

La cancellazione del protesto può essere ottenuta, anche se si è pagato regolarmente, solo dopo 1 anno dal protesto, senza che ci siano stati nuovi protesti. È necessario rivolgersi al tribunale e successivamente alla camera di commercio.

Anche se non viene attivata la procedura di protesto, in caso di assegni impagati, il soggetto è comunque iscritto al CAI su segnalazione diretta della Banca o dell’ufficio postale.

Consultazione della CAI
Chiunque sia interessato personalmente a controllare la presenza dei propri dati presso la CAI, può chiederne la consultazione; lo può fare tramite le filiali della Banca (d’Italia ed in tal caso la consultazione è gratuita) oppure mediante apposite agenzie, dietro pagamento del relativo servizio e comunque con la compilazione di un apposito modulo.

Cancellazione dalla CAI
In caso di assegni irregolari o impagati, la segnalazione alla CAI viene automaticamente cancellata dopo 6 mesi dalla sanzione di revoca dell’emissione di assegni.
In tutti gli altri casi non vi sono dei termini prestabiliti ed occorre chiedere la cancellazione mediante un’apposita messa in mora, motivandone l’errata, illecita o illegittima segnalazione e rivolgendosi direttamente all’Ente segnalante.

[1] Il protesto è l’atto pubblico con il quale si attesta l’avvenuta presentazione di una cambiale o di un assegno al debitore (protestato) e il rifiuto da parte dello stesso di pagare o accettare il titolo non è un atto obbligatorio.
[2] La legge 386/90, come modificata nel 1999, ha trasformato l’emissione di assegni privi di fondi o irregolari da reato penale in illecito amministrativo.
[3] Il termine di prescrizione previsto è di cinque anni.

Commercio elettronico: all'atto di acquistare giochi, libri, video o musica on line state attenti alle clausole inique, avverte l'UE



Commissione europea
Comunicato stampa del 06 dicembre 2012
Proprio in tempo per le feste e gli acquisti natalizi la Commissione europea pubblica oggi i risultati di un'indagine condotta su scala UE riguardante i siti web che vendono giochi, libri, video e musica che possono essere scaricati su un computer o su un apparecchio mobile. Dai controlli emerge che più del 75% di questi siti web non risulta a norma per quanto concerne le regole a tutela dei consumatori. Ciò è ancor più preoccupante quando l'utenza è costituita da consumatori vulnerabili, ad esempio i bambini. Gli utilizzatori devono aprirsi la via a colpi di clic attraverso un labirinto di condizioni contrattuali per trovare alla fine che somma dovranno pagare e i bambini sono spesso allettati a acquistare articoli legati a giochi suppostamente gratuiti. Se si manifesta un problema, contattare il servizio post-vendita è spesso difficoltoso, poiché le prescritte informazioni contrattuali mancano su più di un terzo dei siti web. Le autorità nazionali di forza pubblica contatteranno ora le imprese interessate per consentire loro di chiarire la loro posizione o imporre di rettificare i loro siti web.
Tonio Borg, commissario responsabile per la Salute e la Politica dei consumatori, ha affermato: "I bambini usano con sempre maggior facilità le nuove tecnologie e sanno sin dalla tenera infanzia come scaricare i giochi. Una volta però che hanno preso l'abitudine a giocare con un certo prodotto è difficile fermarli. Genitori, state attenti, la metà di questi giochi scaricabili sono pubblicizzati come se fossero gratuiti, ma vi potreste trovare rapidamente davanti a conti stratosferici relativi agli articoli virtuali necessari per continuare a giocare. In generale, l'indagine a tappeto dell'UE pubblicata oggi indica che la maggioranza dei siti web controllati non fornisce un accesso agevole ai termini contrattuali fondamentali. Nei prossimi mesi le autorità nazionali interverranno per rimettere questi siti web sul giusto cammino."
Risultati
Le autorità nazionali di 26 Stati membri1 nonché della Norvegia e dell'Islanda hanno controllato un totale di 333 siti web, tra cui 159 che vendono giochi on line. Essi hanno selezionato il 76% di tutti i siti web (254 siti) per ulteriori indagini poiché nutrono dubbi quanto alla conformità di questi siti con la normativa UE a tutela dei consumatori, soprattutto per quanto concerne le regole che disciplinano la pubblicità e le informazioni fondamentali sui costi e le caratteristiche del contenuto digitale che consente ai consumatori di prendere decisioni informate2. Tra i 55 siti controllati tra quelli che vendono giochi a bambini di meno di 14 anni, il 71% (39) non è risultato conforme alla normativa UE.
I principali problemi riscontrati sono:
  1. Clausole inique: le clausole contrattuali devono essere formulate in modo chiaro ed essere eque. Un totale di 230 siti web (69%) contiene clausole ritenute inique, ad esempio, i) clausole che escludono la responsabilità del commerciante in caso di danni al computer del consumatore a seguito di un download, ii) clausole che escludono o ostacolano il diritto dei consumatori a cercare riparazione legale o altre forme di riparazione o rendono difficoltoso l'accedervi, ovvero iii) clausole che privano i consumatori del diritto di ricevere un nuovo prodotto o di chiedere il rimborso se il prodotto scaricato non funziona;
  2. Diritto di recesso: a causa della natura dei download il consumatore perde il diritto di recesso dal contratto quando lo scaricamento è iniziato con l'accordo del consumatore (in altri termini, il prodotto scaricato non può essere restituito); i commercianti sono tenuti però a informare i consumatori di questo fatto precedentemente all'acquisto. 141 siti web (42% dei siti controllati) non fornivano questa informazione;
  3. Mancanza di informazioni sull'identità e l'indirizzo del commerciante: i commercianti sono obbligati a indicare la loro identità, il loro indirizzo geografico e la loro mail sul loro sito web per consentire ai consumatori di contattarli ove necessario. 121 siti web (36%) non indicavano queste informazioni essenziali.
Oltre a questa indagine a tappeto, la Commissione ha affidato un contratto per la realizzazione di uno studio3 complementare che ha rivelato le seguenti carenze:
  1. Mancanza di informazioni sulle restrizioni geografiche: i consumatori possono non essere in grado di usare il contenuto digitale scaricato in un paese diverso da quello in cui risiedono e i commercianti dovrebbero informarli nel merito. Il 73% di tutti i siti web controllati non fornisce questa informazione. Laddove questa informazione è data, è spesso presentata soltanto tra le condizioni generali ed è quindi difficile da reperire.
  2. I giochi pubblicizzati come "gratuiti" spesso comportano qualche pagamento in una fase successiva: circa 9 su 10 siti web non informano gli utilizzatori sin dall'inizio sui costi addizionali o sugli acquisti in corso di gioco per i quali è richiesto un pagamento; anche se questa informazione è spesso menzionata nei termini contrattuali, essa non reca però indicazioni chiare quanto ai prezzi.
Contesto
Una "indagine a tappeto" è un'indagine di verifica su scala dell'intera UE per analizzare i siti web e identificare le violazioni della normativa a tutela sei consumatori in modo da assicurarne quindi il rispetto. L'indagine a tappeto è coordinata dalla Commissione e portata avanti simultaneamente dalle autorità di forza pubblica nazionali. L'indagine a tappeto sul contenuto digitale si è svolta nel giugno 2012. Si tratta della sesta indagine a tappeto a partire dal 2007.4
Un numero crescente di cittadini europei acquista contenuto digitale: mediamente, il 79% dei consumatori europei ha usato servizi musicali on line e il 60% ha comperato giochi on line negli ultimi dodici mesi. Conformemente a fonti di questo settore industriale5 il volume commerciale dei download di musica nell'UE è stato pari a 677 milioni di euro nel 2010; si stima che nel 2011i consumatori del Regno Unito, della Germania, della Francia, dell'Italia, della Spagna, dei Paesi Bassi e del Belgio abbiano speso 16,5 miliardi di euro per giochi on line. I giochi rivolti ai bambini e pubblicizzati come se fossero "gratuiti" costituiscono una quota sempre più grande del mercato dei giochi nell'UE (50% di tutti i giochi negli ultimi dodici mesi)

lunedì 19 novembre 2012

Enel, Italgas e Poste potranno accedere ai nostri dati giudiziari. Certificato selettivo


Lascia interdetti l’ok dato dal Garante della Privacy allo schema di decreto dirigenziale con cui il Ministero della Giustizia vorrebbe consentire l’accesso telematico al casellario giudiziario alle Pubbliche amministrazioni e, addirittura, anche ai soggetti (che non sono pubbliche amministrazioni, ma) che gestiscono pubblici servizi.


Ciò vuol dire che non solo le P.A., ma anche Poste Italiane S.p.A., Enel S.p.A., Italgas e persino Trenitalia potranno consultare il casellario giudiziario per acquisire informazioni sui precedenti penalidei cittadini.
Non è tutto. Tali soggetti avranno accesso anche ai carichi pendenti, ossia all’archivio di quei procedimenti penali le cui indagini non si sono ancora concluse, ma che appunto sono pendenti: il che vuol dire nessuna assoluzione, ma anche nessuna condanna! Insomma, per il solo fatto che una persona sia stata querelata – anche se ingiustamente e senza prove – da un altro (e magari sconsiderato) soggetto, con l’iscrizione della prima nei “carichi pendenti”, i suoi “fatti personali” potrebbero entrare nella sfera di conoscibilità di soggetti totalmente esterni allo Stato e alla amministrazione della giustizia.

Un tempo, invece, se c’era necessità di verificare tali dati (per esempio, per i cittadini interessati a partecipare ad appalti, forniture, rilascio di patente di guida, ecc.), si chiedeva loro di esibire un certificato (il classico “casellario” e “carichi pendenti”). Era il cittadino che, in quanto legittimo titolare dei dati, poteva unicamente avere accesso al proprio casellario e produrre la documentazione a chi gliene avesse fatto richiesta. Oggi invece si vuole saltare questo fondamentale passaggio a tutela della riservatezza e rendere le amministrazioni e gli esercenti pubblici servizi totalmente autonomi nel reperire già d’ufficio (e quindi anche a prescindere da un concreto e attuale interesse) tali dati.

Il Garante ha però rassicurato che saranno consentiti accessi selettivi ai soli dati giudiziari indispensabili agli accertamenti di competenza. A tal scopo, l’Authority promette l’introduzione del cosiddetto “certificato selettivo“, che conterrà solo dati pertinenti e coerenti rispetto ai compiti propri delle amministrazioni e degli enti richiedenti. Saranno poi fissate le condizioni tecniche per il rilascio dei “certificati selettivi”. Ma è proprio quando si devono scrivere le “regole attuative” che iniziano, in Italia, i più grossi problemi, spesso imputabili alle svariate falle della nostra burocrazia.

L’Autorità ha comunque chiesto (ma per il momento è solo una raccomandazione) di introdurre misure di sicurezza sul controllo degli accessi.

Un comunicato ufficiale dell’Authority sulla privacy tenta di rassicurarci con queste parole: “La consultazione diretta del Sic (Sistema Informativo del Casellario) dovrà avvenire infatti mediante il Cerpa (Centro europeo ricerca e promozione dell’accessibilità), il sistema per la certificazione massiva, gestito dall’ufficio centrale del casellario. Il Sic potrà essere consultato tramite tecnologia web service o tramite Pec, il servizio di posta elettronica certificata. L’Ufficio del casellario centrale garantirà la piena tracciabilità dei collegamenti telematici tra il Cerpa e i vari sistemi coinvolti. Verrà istituito il “Registro degli accessi al Sic”, che consentirà all’amministrazione interessata di eseguire controlli informatizzati trimestrali, anche a campione, sulla rispondenza delle richieste dei certificati ai rispettivi procedimenti amministrativi. Le registrazioni e i log del sistema dovranno essere conservati per dieci anni.

Chi conosce le capacità e le conoscenze telematiche e tecniche della nostra amministrazione sa già quanto difficile potrebbe essere, d’ora innanzi, dormire 

AUTORITA' PER LA TUTELA DELLA PRIVACY AUTORIZZA IL CONTROLLO DEI CONTI CORRENTI


associazione di consumatori roma

L'Autorita' Garante per la protezione dei dati ha espresso, nella riunione di oggi, l'atteso parere favorevole sullo schema di provvedimento del Direttore dell'Agenzia delle entrate che stabilisce le modalita' con le quali gli operatori finanziari dovranno trasmettere all'Agenzia, a fini di controllo fiscale, le informazioni contabili relative ai conti correnti (saldo iniziale e finale, importi totali degli accrediti e degli addebiti) e ai rapporti finanziari per la cosiddetta "comunicazione integrativa annuale".
Lo schema - ricorda il Garante in una nota - tiene conto delle osservazioni e delle richieste avanzate dall'Autorita', in un precedente parere del 17 aprile 2012, finalizzate all'adozione da parte dell'Agenzia di piu' elevate misure di sicurezza a protezione dei dati dei contribuenti, considerata l'enorme concentrazione di informazioni presso l'Anagrafe tributaria e il potenziale di rischio difficilmente riscontrabile in un ordinario esercizio dell'attivita' finanziaria o bancaria.
Il nuovo schema prevede che i dati vengano trasmessi attraverso una nuova infrastruttura, il "Sistema di interscambio" (SID), e non piu' con il servizio Entratel inizialmente individuato. Il nuovo sistema consente di realizzare procedure di trasmissione totalmente automatizzate. Banche e operatori finanziari dovranno utilizzare due sistemi alternativi di intercambio informatizzato con il SID: o mediante un server FTP, cioe' un "nodo" di colloquio con l'Agenzia, o mediante il servizio di Posta elettronica certificata (PEC), utilizzabile in caso di file di piccole e medie dimensioni.
La predisposizione dei file da trasmettere all'Agenzia dovra' essere effettuata - sottolinea il Garante della Privacy - esclusivamente dall'operatore finanziario che non potra' avvalersi di intermediari fiscali e dovra' utilizzare meccanismi automatizzati di estrazione, composizione, compressione e cifratura. Il file cifrato dovra' essere conservato nei nodi FTP per il tempo strettamente necessario allo scambio dei dati. Come richiesto dal Garante, il provvedimento definisce anche il periodo di conservazione dei dati: non potra' superare i 6 anni, allo scadere dei quali le informazioni saranno automaticamente cancellate.
Nell'esprimere parere favorevole, il Garante ha chiesto all'Agenzia di adottare alcune misure di sicurezza, prevedendo innanzitutto che il protocollo FTP utilizzato per l'intercambio dei dati sia cifrato. L'Autorita' ha, inoltre, individuato le misure e gli accorgimenti che l'Agenzia e gli operatori finanziari, chiamati a svolgere un ruolo rilevante nella messa in sicurezza del nuovo canale di trasmissione, dovranno adottare al fine di minimizzare i rischi di accessi abusivi e trattamenti non consentiti.
Nel prescrivere queste misure, il Garante ha tenuto conto delle esigenze dei piccoli operatori che non riescono ad automatizzare completamente la procedura di estrazione e invio. L'Autorita', visto l'attuale stato di avanzamento della realizzazione del SID, si e' comunque riservata di verificare nel dettaglio il completamento delle funzionalita' della nuova infrastruttura informatica, anche prima della messa in esercizio.
Per quanto riguarda infine il provvedimento del Direttore dell'Agenzia con il quale saranno individuati i criteri per la formazione delle liste selettive dei contribuenti a maggior rischio di evasione, l'Agenzia ha dichiarato che sara' sottoposto preventivamente al Garante. La procedura di verifica preliminare dovra' comunque essere prevista per ogni ulteriore utilizzo dei dati collegato ad altre finalita' (es. controlli ISEE).

giovedì 15 novembre 2012

VODAFONE RELAX. E' VERAMENTE TUTTO INCLUSO ????


associazione di consumatori roma

Dopo aver analizzato e testato il mercato per circa tre mesi utilizzando il partner virtuale Poste Mobile, la società telefonica Vodafone inizia ad applicare in Italia nuove tariffe denominate RELAX (che però contiene delle sorprese nascoste al consumatore) con il piede sbagliato, continuando ad utilizzare soliti trucchetti contrattuali e per la precisione non comprendendo nè nell’offerta, nè tantomeno fra i dettagli contrattuali l’ IVA a carico degli utenti nel chiaro tentativo di attirare i clienti ad un prezzo contenuto. 
Ad onore del vero, l’offerta risulta in definitiva abbastanza vantaggiosa per il consumatore in quanto finalmente non è più necessario preoccuparsi di quanto si consuma: le chiamate e gli SMS sono completamente illimitati verso tutti, e internet è incluso sulla Rete Veloce Vodafone. I clienti RELAX inoltre dovrebbero avere a disposizione un servizio clienti “dedicato” sempre a disposizione, ed un catalogo con i migliori smartphone da scegliere in ogni momento (opzione che però comprende un vincolo contrattuale per 24 o 30 mesi) e tutta la tranquillità di comunicare anche all’estero senza pensieri.
I clienti di Vodafone quindi potranno scegliere fra tre pacchetti,  in promozione per tutti e per sempre.
RELAX SEMPLICE. A 39 euro al mese (anziché 49 euro) per tutti i clienti per sempre si potrà attivare  RELAX Semplice che comprende minuti di traffico telefonico fisso e/o mobile ed SMS illimitati verso tutti, 1 GB di internet incluso sullo smartphone ed il “Servizio RELAX” , cioè un Servizio Clienti “dedicato”, disponibile 24 ore su 24 e 7 giorni su 7, e un Esperto Internet sempre a disposizione che supporta il cliente nell’utilizzo dello smartphone.
RELAX. A 49 euro al mese, (anziché 69 euro) per tutti i clienti per sempre.si hanno minuti ed SMS illimitati verso tutti, 2 GB di internet inclusi sullo smartphone. Con Servizio e Smartphone RELAX: è possibile avere in più uno smartphone incluso, sempre nuovo, e cambiarlo quando si vuole. A partire dal 6° mese dall’attivazione del pacchetto, sarà possibile per il cliente scegliere un nuovo smartphone da un catalogo dedicato a condizioni esclusive.
RELAX COMPLETO. A 69 euro al mese, (anziché 99 euro)  per tutti i clienti per sempre. E’ il piano più completo, che offre si  minuti ed SMS illimitati verso tutti, 5 GB di internet inclusi sullo smartphone. In pratica comprende tutto quello offerto dagli altri due piani tariffari più economici a cui  viene affiancato il servizio Roaming RELAX con cui è possibile comunicare anche in Europa senza pensieri grazie a 500 minuti, 500 SMS e 500 MB al mese da utilizzare in tutta Europa per chiamare e inviare SMS verso l’Italia e navigare senza costi aggiuntivi. Un piano tariffario molto interessante questo per chi viaggia o parla con l’ Europa.
Tutte le offerte sono in abbonamento ed hanno una durata minima contrattuale di 12 mesi con corrispettivo per recesso anticipato.
VENIAMO ALLE NOTE DOLENTI:
Minuti e SMS inclusi sono validi in Italia e non sono utilizzabili per i servizi a sovrapprezzo (899-892-ecc), segreteria telefonica, numeri utili, servizi Vodafone, trasferimenti di chiamata, videochiamate.  Il traffico internet incluso è valido per il traffico internet generato da applicazioni VoIP, non è valido se si utilizza web.omnitel.it come punto d’accesso (APN). Per utilizzarlo comunque è possibile navigare alle condizioni della Tariffa base giornaliera internet.  Nei pacchetti Relax non è incluso il servizio di call conference.
Se si superano i limiti di traffico Internet previsti dal piano si pagheranno 2 euro ogni 100 MB, addebitati anticipatamente. 

AECI Verona 1 ricorda che la Tassa di Concessione Governativa pari a 5,16 euro per uso privato o 12,91 per uso affari non é inclusa nel canone del piano e quindi costituisce un ulteriore costo per il consumatore-cliente e che la dicitura che troverete sul sito:
www.vodafone.it/area aziende , "fiscalmente deducibile" è in realtà NON CORRETTA in quanto la Tassa di Concessione Governativa, essendo per l'appunto una tassa, non è deducibile! Semmai tale addebito pone la "conditio sine qua non" per godere della deduzione/detrazione fiscale.
Chiaramente a questi importi andrà aggiunta l’ IVA.

RACCOMANDATA: RICEVUTA ON LINE DELLA POSTA NON FA FEDE





















La semplice ricevuta del servizio on line della Posta non fa fede della notifica, essendo necessario l'avviso di ricevimento. Lo ha stabilito la Sesta Sezione-3 Civile della Corte di Cassazione, con l'ordinanza 8 novembre 2012, n. 19387.

Per principio generale, come ricordato dai giudici della Terza Sezione Civile, la produzione dell'avviso di ricevimento del piego raccomandato contenente la copia del ricorso per cassazione spedita per la notificazione a mezzo del servizio postale ai sensi dell'art. 149 c.p.c., o della raccomandata con la quale l'ufficiale giudiziario da notizia al destinatario dell'avvenuto compimento delle formalità di cui all'art. 140 c.p.c.è richiesta dalla legge esclusivamente in funzione della prova dell'avvenuto perfezionamento del procedimento notificatorio e, dunque, dell'avvenuta instaurazione del contraddittorio.

Di conseguenza, continuano i giudici, l'avviso non allegato al ricorso e non depositato successivamente può essere prodotto fino all'udienza di discussione di cui all'art. 379 c.p.c., ma prima che abbia inizio la relazione prevista dal primo comma della citata disposizione, ovvero fino all'adunanza della corte in camera di consiglio di cui all'art. 380-bisc.p.c., anche se non notificato mediante elenco alle altre parti ai sensi dell'art. 372, secondo comma, c.p.c.

"In caso, però, di mancata produzione dell'avviso di ricevimento, ed in assenza di attività difensiva da parte dell'intimato, il ricorso per cassazione è inammissibile, non essendo consentita la concessione di un termine per il deposito e non ricorrendo i presupposti per la rinnovazione della notificazione ai sensi dell'art. 291 c.p.c.; tuttavia, il difensore del ricorrente presente in udienza o all'adunanza della corte in camera di consiglio può domandare di essere rimesso in termini, ai sensi dell'art. 184-bis c.p.c., per il deposito dell'avviso che affermi di non aver ricevuto, offrendo la prova documentale di essersi tempestivamente attivato nel richiedere all'amministrazione postale un duplicato dell'avviso stesso, secondo quanto previsto dall'art. 6, primo comma, della legge n. 890 del 1982.

Secondo gli ermellini, non può tenere luogo del detto avviso di ricevimento, al fine di comprovare l'avvenuto compimento del procedimento notificatorio con la ricezione dell'atto da parte del destinatario, il foglio stampato dal servizio on line di Poste Italiane allegato al ricorso: l'indicazione della data di consegna della raccomandata ivi contenuta non fa fede della consegna reale, che è soltanto quella del timbro postale recato dall'avviso di ricevimento, come da avvertenza espressamente risultante dallo stesso foglio



A.E.C.I. E' A FAVORE DELLA MEDIAZIONE CIVILE. APERTURA DEL GOVERNO SULLA REINTRODUZIONE


associazione di consumatori roma

La dott.ssa Irene Gionfriddo, portavoce del Forum Nazionale degli Organismi di Mediazione e dei Mediatori Civili, ed il dott. Giammario Battaglia, Segretario Organizzativo, a seguito della giornata di mobilitazione nazionale in favore della reintroduzione della mediazione obbligatoria, che si è tenuta il 12 novembre presso la Camera dei Deputati, in data odierna, hanno incontrato il Sottosegretario alla Giustizia, prof. avv. Salvatore Mazzamuto, al fine di sensibilizzare il Governo a dare parere favorevole all’emendamento 16.02, presentato al DDL di conversione in legge del decreto-legge 18 ottobre 2012, n.179, recante ulteriori misure urgenti per la crescita del Paese.
“Abbiamo ricevuto – afferma la dott.ssa Irene Gionfriddo – un’importante apertura da parte del Sottosegretario a dare parere favorevole all’emendamento. Tale disponibilità nasce dall’esigenza di evitare che 600 milioni di investimenti fatti dagli Organismi di Mediazione vadano in fumo e che si disperdano le professionalità acquisite, nonchè migliaia di posti di lavoro creati in due anni . Ricordiamo che l‘emendamento 16.02 non solo è voluto dalla maggioranza del mondo ADR, dalla società civile, da Confindustria e dal mondo imprenditoriale, ma viene incontro anche alle numerose richieste del Cnf “.
“Nelle prossime ore ne discuteremo con la sen. Simona Vicari, relatrice alla X Commissione del Senato, per invitare il Senato a fare in fretta”.
“Il Forum Nazionale dei Mediatori, una volta ottenuto questo straordinario successo lavorerà, nei prossimi anni, come lobby in partnership con le lobby degli altri Stati, a diffondere la cultura della conciliazione nelle scuole, università, amministrazioni comunali. Il 18 dicembre appuntamento alla Camera dei Deputati per festeggiare la reintroduzione della mediazione obbligatoria e per dare avvio alla fase II coinvolgendo anche la Magistratura e la CEI”.
Atto Senato n. 3533
DDL di conversione in legge del decreto-legge 18 ottobre 2012, n. 179, recante ulteriori misure urgenti per la crescita del Paese

Emendamento
Dopo l’articolo 16 è aggiunto il seguente:

«Articolo 16-bis
(Modifiche al decreto legislativo 4 marzo 2010, n. 28)
1. Al decreto legislativo 4 marzo 2010, n. 28 sono apportate le seguenti modificazioni:
l’articolo 5, comma 1, è sostituto dal seguente: «1. Sino al 31 dicembre 2017, chi intende esercitare in giudizio un’azione relativa a una controversia in materia di condominio, diritti reali, divisione, successioni ereditarie, patti di famiglia, locazione, comodato, affitto di aziende, risarcimento del danno derivante dalla circolazione di veicoli e natanti, da responsabilità medica e da diffamazione con il mezzo della stampa o con altro mezzo di pubblicità, contratti assicurativi, bancari e finanziari, è tenuto preliminarmente a esperire il procedimento di mediazione ai sensi del presente decreto, ovvero il procedimento di conciliazione previsto dal decreto legislativo 8 ottobre 2007, n. 179, ovvero il procedimento istituito in attuazione dell’articolo 128-bis del testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia di cui al decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385, e successive modificazioni, per le materie ivi regolate. L’esperimento del procedimento di mediazione è condizione di procedibilità della domanda giudiziale. L’improcedibilità deve essere eccepita dal convenuto, a pena di decadenza, o rilevata d’ufficio dal giudice, non oltre la prima udienza. Il giudice ove rilevi che la mediazione è già iniziata, ma non si è conclusa, fissa la successiva udienza dopo la scadenza del termine di cui all’articolo 6 del presente decreto. Allo stesso modo provvede quando la mediazione non è stata esperita, assegnando contestualmente alle parti il termine di quindici giorni per la presentazione della domanda di mediazione. Il presente comma non si applica alle azioni previste dagli articoli 37, 140 e 140-bis del codice del consumo di cui al decreto legislativo 6 settembre 2005, n. 206, e successive modificazioni.»;

all’articolo 11, comma 1, dopo le parole «Quando l’accordo non è raggiunto, il mediatore» e prima delle parole «può formulare una proposta di conciliazione.», sono inserite le seguenti: «, se le parti sono assistite da un avvocato,».».

Relazione illustrativa
L’emendamento ripristina l’istituto della mediazione obbligatoria, a seguito della decisione della Corte Costituzionale di dichiararne l’incostituzionalità sotto il profilo dell’eccesso di delega. Infatti, la censura riguarda solo un aspetto formale e non anche sostanziale dell’obbligatorietà, per cui non preclude la possibilità di introdurla nuovamente nel nostro ordinamento.
In particolare, la norma proposta reintroduce la mediazione obbligatoria per le stesse tipologie di controversie contemplate nel d.lgs. n. 28/2010, ma, a differenza di quest’ultimo, ne circoscrive l’efficacia fino al 31 dicembre 2017.
In un Paese come l’Italia, ad alto tasso di litigiosità e con scarsa propensione all’utilizzo dei meccanismi di soluzione delle liti alternativi al giudizio, la mediazione obbligatoria costituisce uno strumento fondamentale per radicare una diversa cultura basata su un differente approccio, da parte di cittadini e imprese, nella gestione della conflittualità. Infatti, l’obbligatorietà è l’unico strumento in grado di diffondere la conoscenza dell’istituto e incentivarne l’utilizzo, con inevitabili effetti positivi sul funzionamento del sistema giudiziario e sulla competitività del Paese.
Peraltro, sul piano giuridico, la mediazione obbligatoria non costituisce una limitazione del diritto di agire in giudizio. Infatti, la Corte di Giustizia ha spesso ribadito che la previsione di un tentativo obbligatorio di composizione stragiudiziale delle controversie non lede il diritto di difesa, se risulta proporzionata agli obiettivi cui la stessa tende. Inoltre, il profilo dell’obbligatorietà è ammesso dalla Direttiva europea di riferimento (n. 52/2008), che lascia liberi gli Stati membri di adottare misure in tal senso.
Come affermato dalla Commissione europea nelle osservazioni inviate alla Corte di Giustizia (nell’ambito del procedimento avviato dal Giudice di Pace di Mercato San Severino), la mediazione obbligatoria delineata dal Legislatore del 2010 risultava pienamente in linea con i parametri europei. Infatti, l’istituto presentava caratteri non preclusivi del diritto di azione (durata massima della procedura di 4 mesi; agevolazioni fiscali e riduzioni dell’indennità di mediazione) e risultava proporzionato rispetto all’obiettivo di migliorare il funzionamento del nostro sistema giudiziario civile.
Peraltro, il Parlamento Europeo ha evidenziato che in Italia la previsione della mediazione obbligatoria aveva prodotto risultati importanti nella promozione degli strumenti di risoluzione alternativa delle controversie e che tali risultati dimostrano come l’istituto contribuisca a migliorare il funzionamento del sistema giudiziario italiano.
Infatti, il 77% delle mediazioni avviate da marzo 2011 ad oggi è frutto della condizione di procedibilità e la metà di questi procedimenti ha avuto esito positivo: circa 24 mila accordi – su 48 mila procedure cui le parti hanno partecipato – vale a dire altrettanti procedimenti civili in meno.
Al fine di allineare ulteriormente la disciplina italiana ai principi europei di riferimento, l’emendamento limita la possibilità del mediatore di formulare la proposta al caso in cui le parti siano assistite dall’avvocato. Infatti, il rifiuto della proposta può avere rilevanti effetti economici nel successivo giudizio (art. 13, d.lgs n. 28/2010), per cui l’assistenza dell’avvocato è giustificata in considerazione dell’esigenza di rafforzare le garanzie riconosciute alle parti. 

mercoledì 7 novembre 2012

In arrivo nuove spese sui nostri conti correnti!


A seguito di segnalazioni informiamo i consumatori di una nuova manovra di prelievo dal nostro conto corrente.
Citiamo pari pari quanto un po' tutte le banche scrivono:
“In seguito all’aumento generalizzato dei costi di conservazione della documentazione, anche in considerazione della decorrenza della prescrizione dalla chiusura dei rapporti, così come stabilito recentemente dalle sezioni unite della corte di cassazione in tema di anatocismo, il nostro istituto procederà con decorrenza 30 dicembre 2012, alla seguente variazione delle condizioni economiche praticate: Spese forfettarie annue – aumento ad euro 50,00”.
Potrebbero essere anche 10 o 20 euro, ma perchè?
In Italia i conti correnti sono tra i più costosi d'Europa ma forse non è abbastanza.
Riteniamo che questo prelievo di "sangue" sia un ulteriore colpo basso a danno dei consumatori.

facciamo due conti della serva in tasca alle banche:
supponiamo che una filiale abbia circa 1.500 conti correnti, 1000 privati e 500 aziende. Per le aziende il prelievo è standard 50 euro, mentre per i privati le cifre vanno circa 10-30 euro. 
Ogni filiale avrebbe 50 € x 500 conti =  25.000 € +
facciamo una media di 20 € per conto privato x 1.000 conti = 20.000 €
totale 45.000 €.
Una famosa banca ha circa 2.000 sportelli in Italia, quindi il conto è presto fatto: 90 milioni di euro!
Ritorneranno agli italiani bisognosi di credito oppure finiranno nelle tasche di pochi abbienti?

lunedì 5 novembre 2012

Firma falsa sul contratto: sentenza esemplare


Contratto modificato e firma falsa: ottenuta una sentenza esemplare dal Giudice di Pace in materia di telefonia per una controversia nei confronti dell’operatore di telefonia TeleTu, condannato dal Giudice di Pace di Gaeta a risarcire 796 euro oltre spese legali.

Nel 2010 un cliente aveva firmato un contratto per cambiare il proprio gestore di telefonia fissa, convinto da un operatore telefonico di TeleTu che lo aveva rassicurato sulla possibilità di recedere nei termini di legge. Il giorno dopo la firma, dopo essersi consultato coi famigliari, il cittadino aveva deciso di esercitare il diritto di recesso, comunicando immediatamente la sua intenzione alla Società. Nonostante ciò, dopo qualche mese, l’associato si era visto recapitare la fattura del nuovo operatore.

A seguito del reclamo inoltrato per l’utente, la società di telefonia aveva trasmesso copia del presunto contratto, posto a fondamento del rapporto contrattuale, e qui la sorpresa. In pratica il contratto risultava essere stato modificato integralmente e la firma falsificata. Questa circostanza risultava evidente poiché l’utente aveva conservato la copia del contratto che aveva sottoscritto di suo pugno e riguardo al quale aveva prontamente esercitato il diritto di recesso.

 Il Giudice di Pace ha accertato la responsabilità della società e l’ha condannata, ex art. 96 c.p.c., al pagamento della somma di 700 euro oltre spese legali.
Questa sentenza è importante poiché riconosce il cosiddetto danno “punitivo” allo scopo di scoraggiare l’abuso del processo e preservare la funzionalità del sistema giustizia. La Teletu infatti incurante della sua responsabilità e non tenendo conto della querela sporta, del tentativo di conciliazione espletato, ha ritenuto opportuno intasare la macchina della giustizia arrivando a definire la questione con una sentenza.